Altare Elio

Elio Altare è stato (e continua ad essere) una delle figure di spicco del movimento modernista a Barolo. Altare non ha solo prodotto alcuni dei vini più innovativi del Piemonte, ma ha anche ispirato un’intera generazione di produttori più giovani ad imbottigliare i loro vini piuttosto che vendere la loro uva o vino a grandi imbottigliatori della regione.

Entro la fine del 1980 l’approccio di Altare era già ben definito.

Le fermentazioni duravano da tre e mezzo a cinque giorni, uno shock per l’epoca, con rimontaggi manuali e follature.

Il Barolo viene travasato in acciaio per la fermentazione malolattica e poi affinato in botti di rovere francese, di cui circa il 30% nuove.
Uno degli aspetti distintivi dell'approccio di Altare, rispetto a quella dei suoi contemporanei è la sua preferenza per lo svolgimento della fermentazione malolattica in acciaio per i suoi Barolo (come è comune a Bordeaux), piuttosto che in rovere (come è la norma in Borgogna), il che secondo Altare porta ad avere vini che mantengono la freschezza ed invecchiano con più garbo.

Elio possiede 10 ettari, piantati per il 40 per cento a Nebbiolo, il 30 per cento a Dolcetto, a Barbera per il 25 per cento e il 5 per cento a Cabernet Sauvignon.
Ognuno dei migliori vigneti locali possiede il proprio anfiteatro, con pendii esposti a sud o sud-est a 280 metri sul livello del mare su un terreno di sabbia, tufo e marne. Elio Altare ha appezzamenti in due di questi vigneti: 1,5 ettari di vigne vecchie di 50 anni in Arborina, e un piccolo appezzamento in Brunate, che ha iniziato ad affittare nel 1995. Queste viti sono potate molto severamente. 

Altare vuole non più di 1,5 chili di uva per ceppo. E ci sono solo 5500 ceppi per ettaro.

Questo è il vero segreto, oltre a mantenere un approccio sostenibile nella viticoltura.

“Non si può fare un grande vino senza un frutto concentrato”.